Problema
La nostra società è fortemente dipendente da materie prime di origine fossile, per la produzione sia di energia sia di prodotti di largo consumo. Se a questo si aggiunge la richiesta crescente di petrolio da parte dei paesi emergenti, questa dipendenza è certamente prevista in aumento.
Soluzione
In questo scenario si inserisce l’uso delle biomasse agricole per materiali ed energia e lo sviluppo della bioraffineria, neologismo che indica i processi chimici e fisici a basso impatto ambientale per recuperare prodotti chimici per l’industria manifatturiera e farmaceutica e carburanti da biomasse, privilegiando le fonti non food.
Stato dell’arte
Tre, in particolare, i prodotti petroliferi che già trovano un equivalente in prodotti da bioraffineria: plastiche biodegradabili, lubrificanti e bioetanolo.
Per quanto riguarda le prime, si consideri che il consumo globale attuale delle materie plastiche tradizionali è pari a 200 milioni di tonnellate annue (di cui 40 milioni in Europa) e rappresenta il maggior campo di applicazione del petrolio dopo i settori dell’energia e dei trasporti (5% delle applicazioni totali del greggio).
L’aspetto più controverso delle plastiche tradizionale è il loro smaltimento e riciclo. Le plastiche biodegradabili ottenute dalla termoplasticizzazione di amidi (Mater Bi) o acido lattico (PLA) possono rappresentare un’alternativa a costi gestionali ridotti
I sacchetti biodegradabili che dal primo gennaio 2013 sostituiscono gli shopper in polietilene privilegiano l’utilizzo di materie prime da fonte rinnovabile e contribuiscono alla riduzione dei gas serra.
A ciò va aggiunta la crescente richiesta di plastiche biodegradabili a uso agricolo dovuta alle difficoltà e ai costi dello smaltimento delle plastiche non biodegradabili per le aziende agricole e quelle per uso imballaggio alimentare.
Per quanto riguarda i lubrificanti, circa il 50% di quelli venduti e usati nel mondo sono dispersi nell’ambiente attraverso applicazioni di lubrificazione a perdita, evaporazione, cadute o incidenti.
I lubrificanti sono costituiti da un composto base di origine fossile e da additivi che conferiscono lubricità, minore corrosività e maggiore stabilità termica. L’alta tossicità, la percentuale di oli minerali (più del 95%) e la bassa biodegradabilità risultano però una considerevole minaccia per l’ambiente.
Al contrario, i lubrificanti e i liquidi idraulici a base di oli vegetali sono biodegradabili e a bassa tossicità; inoltre, presentano eccellenti proprietà tribologiche, cioe’ di superficie (attrito, usura, lubrificazione, etc.), elevata viscosità e alti punti di infiammabilità.
Allo stato attuale, il loro uso è però limitato ad applicazioni a perdere (total loss), come lubrificanti per le seghe a catena, o a recupero parziale (partial loss), come liquidi idraulici a temperature molto basse.
La cellulosa è il più abbondante biopolimero presente sulla terra, nella parete delle cellule vegetali. Per renderne possibile l’uso a fini energetici per la produzione di bioetanolo è necessario un pretrattamento del materiale vegetale per degradare la barriera di lignina e rendere la cellulosa e l’emicellulosa accessibili all’idrolisi, con risultante formazione di zuccheri, utilizzabili per la produzione di etanolo mediante fermentazione alcolica con microrganismi.
Il processo attualmente utilizzato per la produzione di etanolo di seconda generazione prevede un pretrattamento chimico-fisico. La successiva idrolisi enzimatica della frazione solida contenente cellulosa viene realizzata con preparazioni di cellulasi, il glucosio è sottoposto a fermentazione microbica con risultante produzione del bio-etanolo.
L’obiettivo è ottenere alla fine del processo lignina con basso contenuto di umidità da utilizzare in processi di gassificazione, producendo calore ed elettricità. A più lungo termine, si punta a trovare la via per sfruttare la lignina per produrre ‘green chemicals’ come adesivi o leganti.
In conclusione, la bioraffineria può rappresentare un valido strumento per ridurre le emissioni gassose responsabili dei cambiamenti climatici, sostituendo i combustibili fossili con quelli rinnovabili.
Il suo sviluppo offre inoltre opportunità di reddito in agricoltura, specialmente nei settori in crisi come quelli bieticolo-saccarifero e del tabacco, per i quali sono previste azioni di riconversione finanziate dall’Ue, e contribuisce a incrementare la produzione di energia rinnovabile nazionale.
Fonte: Cnr